Il Web non ha una costituzione, ma il suo spirito di libertà non necessita di leggi per esistere. L'essenza del cyberspazio è l'apertura, la trasparenza, la connessione tra cervelli pensanti, l'indipendenza dell'informazione, svincolata dalla tirannia. La degenerazione orwelliana del Web ha radici nel collasso delle sue stesse fondamenta, nel crollo del suo codice deontologico. Un codice soppiantato dalla logica del profitto, dall'indifferenza degli utenti, dal narcisismo dei social network, da valanghe di distrazioni finalizzate ad annebbiare il pensiero, dalla scomparsa del rapporto con la realtà e dal totalitarismo dei colossi digitali.


Lo smembramento dei principi ancestrali del Web è conseguenza del mancato riconoscimento e assimilazione del significato ontologico del progresso. Il progresso è l'avanzamento verso uno stato di benessere superiore, è perfezionamento, è evoluzione. Il progresso non ha nulla a che vedere con l'accesso più veloce e facilitato al piacere dopaminico, con l'estetizzazione della violenza, con la futilità che alimenta la procrastinazione, con la logica del “tutto è intrattenimento”.


Il rimpiazzo del vero progresso tecnologico è avvenuto sotto mentite spoglie: un Mefistofele camuffato da aumento delle prestazioni degli elaboratori, da velocità e facilità d'accesso ai contenuti, da nuovi gadget inutili, da parole ad effetto — deprivate di significato ma conformi al pensiero dominante — ha generato un pseudo-progresso, un regresso, un dirottamento del lettore verso la futilità, un inganno finalizzato unicamente al profitto. L'idolatria del progresso fine a se stesso, alimentata dagli amministratori delegati dei grandi colossi — che ricordano il Pluto di Aristofane — va criticata con forza. La tecnologia non è sinonimo di civiltà. Il progresso senza coscienza può essere più pericoloso dell'ignoranza. Il falso progresso, sotto forma di intrattenimento a portata di mano, è un seduttore: ci offre tutto, ci fa sentire al passo coi tempi, chiedendoci in cambio solo di pagare e di non farci domande. Non solo con il denaro, ma con l'anima. È un male razionale, che parla la lingua della scienza, promette illuminazione ma porta oblio. Non ti costringe al peccato: ti fa desiderare l'inferno. Abbiamo bisogno di tornare a discutere seriamente di cosa sia la tecnologia e l'evoluzione tecnologica; abbiamo bisogno di reintrodurre l'etica.


"La libertà consiste in primo luogo nel non mentire", dice Albert Camus. Per questa ragione abbiamo il dovere di criticare lo stato attuale delle cose. Dobbiamo assumerci la responsabilità della libertà del Web, denunciare questa degenerazione gratuitamente, senza secondi fini. Dobbiamo tornare a comprendere a fondo cosa sia la tecnologia; mai come ora abbiamo bisogno di individui pensanti, capaci di analizzare la direzione presa, di discutere l'etica del progresso e la stessa definizione di progresso. Un progresso che deve fermarsi a riflettere, e non continuare ciecamente sull'onda dell'incremento della velocità di trasmissione dei dati o della legge di Moore. Dobbiamo lottare per un richiamo ancestrale ai principi originari del Web.


Senza un cambio di rotta ci attende un futuro distopico, non affascinante come le città asimoviane, ma sotto forma di prigione senza pareti, in cui gli ostaggi vogliono rimanere. Addirittura, una prigione nella quale si desidera entrare. Il *soma* di Huxley è tra noi, sotto forma dello scorrere infinito di inutilità, una droga che genera assuefazione e dipendenza estrema. “Non è bene cercare di fermare il progresso della conoscenza. L'ignoranza non è mai meglio della conoscenza”, dichiarava Enrico Fermi, ma il nemico si mostra scaltro e celato. Il progresso non si può fermare — ma questo falso progresso rispecchia la figura dell'Anticristo descritta nell'Apocalisse di Giovanni: “Colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto, fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio”.


Coloro che hanno a che fare col progresso — chi sperimenta, chi ricerca, chi implementa — devono fermarsi a riflettere su cosa esso sia veramente, se abbiamo davvero compreso il suo significato ontologico. Dobbiamo smettere di guidare ad occhi chiusi: il progresso non ha guida autonoma. Un'infrastruttura tanto potente quanto Internet, utilizzata oggi da quasi la totalità della popolazione mondiale, deve essere compresa prima di essere usata. Può avere ripercussioni fatali per l'essenza e il significato della vita, portare traumi, forme di schiavitù e dipendenza. È un messaggio che ci chiede di abbandonare l'anima.


Riccardo Persiani

polares.web3

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